venerdì 3 aprile 2009

La cicatrice di luce inizió a spegnersi sul volto di Zia Ninetta


Adesso che aveva sul comodino quella scarpetta da calciatore tutta rinsecchita Tommaso non sapeva che cosa fare.
Aveva avuto da subito il sospetto che Dalia Maria, in quel fiume non ci fosse finita da sola. Ora, dopo aver parlato con Santini, ne aveva la certezza. Ma quella scarpa era tutto quello che aveva per darsi una ragione degli avvenimenti.
Che fare? Cercare testimoni. Anzi, per prima cosa recarsi dalla testimone per eccellenza.

"Zia Ninè! Non è che da quei suoi scurini a persiana ha visto qualcuno buttando qualcosa dentro il giardino di Zia Marilena per caso?"
Zia Ninetta lo fece entrare. La casa puzzava di mosto anche se l'ultima vendemmia era passata da nove mesi e ne mancavano ancora 3 alla prossima.
"Costantì! Oh Costantì!"
Nessuna risposta.
"Mì che c'è il maresciallo! Beni!...Si accomodi marescià..."
"Veramente sono appuntato."
Zia Ninetta si avvicinò alla porta, guardò un'altra volta fuori, prima a destra, poi a sinistra, ritirò la gabbietta dei cardellini che era appesa a un chiodo, al sole,  appena sopra la sediola impagliata, che pure ritirò.
"Tittìi!!! Beni!"
 Poi si avvicinò a Tommaso socchiudendo la porta e inchinandosi appena su di lui. 
"Io per vedere, già l'ho visto a qualcuno tirando qualcosa da Zia Marilena..!"
E si zittì, recuperando una posizione perfettamente eretta, con le mani incrociate sul grembiule e lo sguardo solenne perso nel vuoto. 
Allora Tommaso, sottovoce:
"E me lo può dire, per favore, chi ha visto? Sarebbe molto importante per me..."
"Guardi marescià...io non lo so se quella ragazza l'ha ammazzata qualcuno. Però guardi che...cussa pisedda...erba mala era!"
"E che cosa vuol dire Zia Ninè?"
"Niente volevo dire. Quello che ha tirato qualcosa era Percopo...vuole sapere che cosa?"
"Una scarpa"
Zia Ninetta ci rimase un pò male, poi recuperò una certa solennità e assentì col capo, restituendo al nulla il suo sguardo.
"Quella era un maschio...ma masciu malu mì! Però a Percopo già gliela faceva annusare...però."
"Zia Ninè, ma cosa dice?"
"Così è! Cos'è mi sta interrogando o stiamo giocando?! Perchè a giocare...non ne ho più , di tempo."
Un tuono coprì la tosse di Zio Costantino, che spuntava dal buio con una bottiglia di mosto che lui chiamava vino.
La cicatrice di sole iniziò a spegnersi sul volto di Zia Ninetta.
Le prime gocce alzarono profumo di terra. 

E Tommaso immaginò le nuvole di Dalia Maria navigando fra i giunchi.

giovedì 19 marzo 2009

La guerra


La guerra di Dalia Maria l'aveva persa anche lei
tanti anni fa, prima della pioggia.
Per questo volava nella sua testa quella frase di Tommaso
come un brutto sogno
come un passero in cantina
come un palo nella carne.
"Andiamo a dormire Adelì"

sabato 28 febbraio 2009

Rocco Berdui lasciò cadere le monete ad una ad una perchè tutti sentissero che stava pagando.


Nella bottega di Gesulina le tre signore continuarono a bofonchiare chissà che mentre me ne tornavo a casa di A.C. con il pane e la mortadella per i panini.
La piazza era ancora piena di gente, mentre gli ambulanti facevano sparire il mercato . 
Per terra era pieno di carta delle scarpe, briciole, scatole di cartone, bastoncini di ghiacciolo e mozziconi di sigaretta. Sotto l'albero del Tabacchino, i gusci dei semi di zucca di Pedro il pappagallo e il figlio piccolo di Laganó che gridava verso l'albero: "Pedrooo! Oh Pedrooo!"
Come ogni mercoledì,  l'altoparlante del camioncino delle bici aveva strombazzato in lungo il largo che se non avevi la bici non eri proprio nessuno. E infatti eccola lì, la madre di Flavio, ancora con il grembiule, le maniche accartocciate sui gomiti e uno straccio da cucina in mano aspettando il suo turno davanti al furgone per comprargli la bici con i risparmi degli ultimi sei mesi.
Aprii la mano per contare il resto. Due ciungomme, ...ci uscivano. Magari ci trovavo il tatuaggio dell'indiano coi colori di guerra. Deviai verso il Tabacchino.
Da fuori sembrava una casa qualsiasi, non fosse stato per l'insegna TABACCHI, TELEFONO,  e per quella della birra DREHER.
Mi misi in fila dietro il banco dei tabacchi. C'erano le sigarette, le caramelle di zucchero colorato, le mentine, le Dufour, ed anche le ciungomme dei tatuaggi. 
Zio Gavino passava pacchetti di Nazionali  ed MS agli avventori, che sembravano in fila per la comunione.
"Il prossimo?"
Rocco Berdui ci restò di sasso.
"Come il prossimo? Guarda che tocca a me."
"Il prossimo?"
"Aiò Gavì, e dagli le sigarette" Disse Laganò.
"Sigarette per lui non ce n'è"
Chi rideva, e chi abbassava lo sguardo.
Rocco Berdui si voltò verso l'uditorio con un sorriso sarcastico.
Percopo rimase impietrito all'incontare il suo sguardo lucido e marrone.
"Cos'è...? I miei soldi non valgono più?"
Fissò Percopo con cattiveria.
"E dagli le sigarette Cristo!" Ripetè Laganò.
Il pacchetto delle sigarette rimbombó sul banco di legno.
Rocco Berdui lasciò cadere le monete ad una ad una perchè tutti sentissero che stava pagando.
"Ora fuori."
Prima di Rocco era uscito Percopo, di corsa.
"Due ciungomme, per piacere." Dissi.
"Lo sa mamma?"
Mentii.
Zio Gavino  sbattè le gomme con forza sul banco. Silenzio. Poi fece un sorriso.
"Stai lontano da quello lì."
Sollevai le spalle, salutai, ed uscii.
Nella luce accecante dell'una e un quarto vidi Percopo sanguinare dalla fronte.
La mamma di Flavio lo stava portando a casa sua per medicarlo, mentre Laganò spiegava:
"Da solo se l'è fatto!
A testate contro l'albero l'ha presa!"
Flavio si rialzava col ginocchio sbucciato 
e la bici Rossella gialla già tutta ammaccata.



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