sabato 14 giugno 2008

SOGNO NUMERO UNO


Adulto.
Molto caldo.
Tutto sudato.
Appena arrivato, in macchina.
Cammino verso casa di nonno, sul marciapiede.
S’apre la porta di casa di Rò, dall’altra parte della strada.
Esce Rò, sul balcone, fra i gerani, con le sorelle.
Chì è adulta. Abbronzata.
La pelle delle gambe brillante, tesa, scoperta da una minigonna anni 70’.
I capelli ricci, alti,...un cespuglio, come le capigliature delle ragazze nere a Woodstock. Maglietta a strisce.
“Ciao Mà...”
Come non mi vedesse da un paio d’ore appena.
Parlo.
“Dove andate?”
Frà è più piccola. Sta dietro, mezzo nascosta. I capelli, un pò crespi, si allungano sulla spalla sinistra, cadendo come un’onda lunga, decorati da meches dorate, un pò kitch.
Un occhio solo spunta per dirmi.
“Dobbiamo controllare il recinto.”
Chì e Rò indicano la collina, Frà è immobile. Mi fissa curiosa e inquieta.
Una campagna secca giallastra. Macchie scure raccontano incendi recenti. Un recinto di filo spinato, arrugginito e bucato da tutte le parti.
Come un vecchio collant.
Parlo.
“Le case della cooperativa...dove sono finite?”
Sorridono.
Nella strada, dietro di me, arriva un cane.
Biancastro, marrón, magro, fradicio, macilento.
Cammina a fatica, trascinando le zampe posteriori.
Mi riconosce. Mi mette le zampe addosso, come può. Ansima. Emozionato.
Ma è orrendo, gli manca un occhio.
L’altro, quasi chiuso, implora.
Il muso in putrefazione. Sdentato, sbava. Cerco di allontanarlo.
“! Vattene FULL! Vai VIA!”
“Sciò! Vattene! Vattene via!
(inizio a piangere come un bambino)
Frà, Chì, ed ora anche Rò, mi danno le spalle, si allontanano.
Camminano lente verso la collina, controllano i buchi della recinzione, vi passano attraverso, proseguono, senza voltarsi.
Ognuna per conto suo.
Le vedo liquide.
Mi sveglio.

Adulto.
Molto caldo.
Tutto sudato.
Ansimo.
Mi sveglio.

Povero Full,
lui no.

giovedì 12 giugno 2008

Odore di catrame, pietra e legno riscaldato.



Ma-la-sòr-te-ni-è-dda, 
Ti-li-gù-gu, 
Ti-ni-a-nò, 
Gi-ù-à, 
Rò:

così suonava, tutto, una volta scesi dal treno.

I contorni delle cose danzando con le cavallette.


mercoledì 11 giugno 2008

Tutúf ciutún tutumtutúm




Tutúf  ciutún tutumtutúm
Tutúf  ciutún tutumtutúm
Tutúf  ciutún tutumtutúm
Ciutúf
Tum
Tum
Tuiiiiiiiiiiiiiiiiii  mmm

Ffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff

domenica 8 giugno 2008

Quel sé che non esisteva, se non nel soggetto del suo continuo fotografare.



Cosa faceva quel giorno,  mio nonno, su quella stradaccia bianca di sassi appuntiti e cunette bruciate, con l’odore delle lumache abbrustolite nelle narici? 

La fotografava forse, negli alberi, nel campanile, nei tetti, negli altri, La Vita.

Camminava, lento, quasi a zig zag, poi accelerava, intermittente, si fermava di scatto,  con la sua sciarpa di seta, la sua brillantina, il borsalino calato sul volto e la Pentax in mano, perduto in quel che non esisteva, se non nel soggetto del suo continuo fotografare.



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