giovedì 3 luglio 2008

A.C. ed il pane quotidiano.


Il Cavaliere si sedette quel giorno, come mille altri, a mezzodí, alla tavola apparecchiata solo per lui. Versó il vino, un bicchiere, bianco. Prese il suo coltello, una piccola “pattadese” col manico di corno. Sollevó la forchetta dal tovagliolo candido, fece scattare a serramanico entrambi gli avambracci, di niente, di quel tanto appena che gli consentisse di far arretrare le maniche della giacca solo quel tanto che gli evitava di sporcarsele col bordo del piatto.

Con uno scintillío improvviso, nel grosso anello d’oro, le sue iniziali: A.C.

Avanti Cristo.

Inizió a mangiare.

La luce della finestra che dava sulla strada, penetrava la bottiglia del vino rendendola fosforescente.

In quel momento entró Virginia, zoppicando, nella cucina.

I suoi passi facevano rumore di legno

bello-e caldo-e stagionato. Come i mestoli che usava per fare il sugo.

Il masticare di A.C. faceva rumore di passi nel fango.

 

Il campanello risuonó per tutte le stanze della casa come le fitte di una pugnalata fredda e improvvisa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Li vedo..li vedo ! :-)

MARCO ANTONIO PANI ha detto...

Anche Virginia ti ha vista!

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